lunedì 13 ottobre 2008

LA SINTESI

Mi sembra corretto riportare il presente video di Eugenio Benetazzo, utile a mio parere a comprendere meglio i perchè tecnici della situazione attuale.
Eugenio racchiude fondamentalmente la sintesi in 4 punti espressi a mio modo di vedere in modo chiaro e corretto e dunque lascio spazio a lui.


sabato 11 ottobre 2008

L'ESCA DEL DEMONIO: L'ILLUSIONE DEL BENESSERE


Bene rieccoci dopo una dovuta pausa ritornare in questi momenti funesti (almeno per qualcuno) per riprendere a disquisire. Sembrava in effetti perfettamente inutile continuare a filosofeggiare senza i riscontri pratici, e ora finalmente qualcosa è arrivato anche se forse più rapidamente del previsto. Mi riferisco ovviamente alla nefasta situazione economica generale che sta "sconvolgendo" la di per se precaria condizione di molte persone.
Molto si è detto e molto si dirà ancora sul questo particolare momento storico, quel che è certo però è soltanto che quando si inizia a parlarne in televisione di certe cose è meglio cambiar canale e guardar i cartoni animati (l'unico programma interessante ultimamente soprattutto quelli più vecchiotti) perchè tanto, che noi ascoltiamo o meno le stupidaggini che si diranno nei vari talk show o telegiornali, le cose cambieranno ben poco in quanto l'unica cosa in cui l'informazione ufficiale è brava è arrivare sempre in ritardo sugli avvenimenti salvo qualche eccezione.
Perchè questa sparata? Molto semplice, perchè la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi é : ma in questo casino c'è più stupidita o più malafede?
Perchè tale domanda? Semplicemente perchè quel che sta succedendo oggi è qualcosa di ampiamente previsto e prevedibile da chiunque con un minimo di intelligenza, preparazione e di buon senso che sia ben informato. Ammettendo per coloro i quali questo non lo possono sapere che quanto detto sopra sia vero, viene allora da chiedersi ma tutta quella gente strapagata e con ampie informazioni a disposizione, sapienti osannati al quale cospetto ci si inchina meglio che di fronte a un porporato, ma che ca... ci stanno a fare? non lo ha previsto nessuno? non ha parlato nessuno? ..... risposta qualcuno si ma la maggiorparte no....perchè? andando per logica visto che i fatti non possiamo conoscerli si deve dire: o perchè sono degli idioti o perchè sono in mala fede....ESATTO!
Andando a vedere comunque le cause per le quali il castello di carta è cascato, si dovrebbe andar ad analizzare aspetti diciamo più tecnici, partendo magari dalla crisi produttiva dei generi alimentari di fronte alla cresciuta domanda, per passar poi al calo del poter d'acquisto dei salari, alle inefficienze, sprechi, nepotismi, ecc (soprattutto nel nostro paese) che nei vari comparti fanno sborsare molto più del dovuto ai cittadini, continuando poi con l'inceppamento nella crescita economica e le difficoltà delle imprese nella competizione verso le economie emergenti, il petrolio, l'euro forte che penalizza l'export, l'egoismo e la voracia delle banche, la crisi di liquidità di molte famiglie, i muti, i debiti al consumo, la saturazione o quasi del mercato dei mutui parallelamente all'impossibilità di essere solventi, il mercato immobiliare saturo oramai in certe aree del pianeta, le speculazioni finanziarie su tutto ecc ecc ecc ecc. Si tutto bello, tutto difficile, tutto collegato e tutto volendo noto o conoscibile. Ma però, perchè è capitato? perchè chi poteva non si è fermato prima? perchè non si è capito che la strada era sbagliata? perchè almeno qualcuno non ha invertito la tendenza?
Parlare di soluzioni banali a problemi complicati, le cosiddette pezze, è sport di molte persone; tuttavia se voliamo parlar davvero di soluzioni e non di pezze, diventa necessario andar ad analizzare il cuore del problema, ossia le sue ragioni di fondo, la sua filosofia di funzionamento per così dire, al fine di individuare le contraddizioni che lo caratterizzano e che spesso sono esse stesse le origini di molte situazioni complicate che si potranno manifestare.
Negli avvenimenti che oggi si verificano sulla scena economica internazionale, dunque, quali sono le origini e le disfunzioni?
L'economia nasce dall'uomo, dunque se essa fallisce probabilmente è nelle persone stesse che si deve ricercare il problema; un "sistema" può esser semplice o complicato, preciso o lascivo a piacimento, il fatto che esso funzioni o meno nell'essenza e non nell'apparenza, dipende in definitiva dalla disposizione delle persone che ne sono parte e dai principi che internamente le guidano. Se si prescinde da tale presupposto, o peggio si cerca di indurre in modo forzoso un equilibrio inconscio, magari basandosi sui sentimenti meno nobili della persona, come l'egoismo individuale o l'illusione del soddisfacimento illimitato dei bisogni, rendendo in tal modo le persone irresponsabili verso la propria coscienza e dipendenti dal sistema, il risultato che se ne otterrà potrà al massimo essere di equilibrio temporaneo, a fronte però di molti potenziali danni.
Guardiamoci oggi: le persone sono più divise, e dunque più deboli, che mai, il modo di rapprocciarsi con gli altri oramai sembra instradato almeno per alcuni verso una generale uniformazione formale e sostanziale che va dalle questioni più semplici quali l'abbigliamento a quelle più sostanziali quali i valori fino ad arrivare ad una distorsione vera e propria della identità di fondo (se ce n'è una), banalizzando e racchiudendo tutti in una sorta di scatola mentale che limita le capacità espressive e cognitive delle persone. Il pericolo di abbandonarsi a una simile influenza è quello di ritrovarsi un giorno, senza nemmeno rendersene conto, a perdere completamente ogni vero legame con la realtà non indotta e ogni personale spinta interiore ad esprimersi in modo differenziato seguendo l'unico vero giudice, ossia la propria coscienza interiore, quella che spesso viene riposta per segiur strade più semplici o convenienti, quella alla quale sempre meno noi tutti riusciamo a dar retta; si badi bene non si tratta di retorica. Alla fine l'unica cosa che distingue le persone buone da quelle cattive è proprio la capacità o meno di queste di dar retta, di capire e seguire anche con sacrificio quella voce strana che ci guida e che per alcuni è una insistente presenza per altri un fastidio che si impara presto a rinnegare. Si può dire che essa dipende dall'esperienza di ognuno e dunque non può rappresentare una vera guida per le persone, in verita ritengo anche intuitivamente che la sua funzione per le persone sia ben più complessa e importante; ne discuteremo casomai più avanti.
Per ritornare ai problemi attuali, se dovessimo analizzare nella sostanza la situazione attuale, potremmo dire che essenzialmente essa deriva da una eccessiva esigenza di beni e benessere da parte delle persone (sempre per uniformarsi, i cosidetti bisogni indotti), che le spinge a manifestare il peggio di se in ogni situazione, vittime inconscie dell'unico vero falso dio rimasto, ossia il denaro, che nel tempo si è sempre più trasformato da mezzo a fine, riconducendo ogni aspetto della vita umana ad esso e contraendolo ai minimi termini. Un esempio della nostra dipendenza dal denaro e dal sistema è data semplicemente dall'osservare il panico che si diffonde ovunque in questi giorni a causa della preoccupazione per la situazione economica. Le persone temendo di perdere i proprio risparmi e in minor percentuale il proprio lavoro stanno letteralmente affondando nella paura, lasciando spazio all'incertezza e all'egoismo. Tutto questo come se la terra non producesse più frutti o se l'aria non dovesse esser più respirabile, come se le persone morissero di malattia o se il mondo avesse inevitabilmente cambiato il suo corso, come se le risorse disponibili non fossero più le stesse. A pensarci suona un po' stupido. Ci si preoccupa di più dei propri soldi che non di quello che ogni giorno si mangia (l'italia in questo forse è messa meglio degli altri), o di come ci si comporta col prossimo. Come se il denaro fosse la vita. Su questo punto voglio insistere alla noia perchè è proprio questo il centro del problema: l'aver perso i valori di esseri umani e di esseri viventi nonchè l'aver dimenticato il legame indissolubile che ci lega alla realtà che ci circonda indipendentemente dagli artifizi industriali o sociali che noi creiamo e che sempre meno si rifanno alla nostra origine. Vittime di un sistema che ha incancrenito ogni nostra fibra e ci porta lontano dal mondo reale salvo poi, ogni tanto, ritrovarci soli, incazzati, impauriti e preoccupati come pulcini sotto la tempesta quando ci si accorge che non siamo indipendenti dalla realtà, quella realtà che generazione dopo generazione abbiamo sempre più imparato a dimenticare. L'ingordigia, la bramosia, l'avidità senza freni, sono molto di più che difetti, sono espressioni del maligno dentro di noi, tanto più noi le seguiremo o le lasceremo libere di agire a discapito della nostra coscienza, tanto più potenzialmente nefasto sarà il futuro dinanzi a noi. Perchè non seguire i nostri pessimi istinti? è facile, è conveniente, mi consente di esser meglio degli altri (nella forma) e di soddisfare ogni mia esigenza, quel che non si considera però è che si sarà sempre vittime della paura, del sospetto e della malvagità della stessa spinta ad agire che noi non abbiamo voluto ignorare.
Una persona che nella serenità della propria mente e del proprio modo di essere ed esprimersi sa accettare e vivere le relazioni con gli altri in maniera genuinamente essenziale, che sa operare per il bene comune anche in piccole porzioni o piccoli contesti, che nel seguire la propria coscienza accetta la sofferenza e le paure ancestrali (come quella della morte) e dunque non segue solo il proprio interesse o i propri bisogni impulsivi, ma si opera affinchè nell' immutabile libro del destino e degli eventi rimanga un segno duraturo e positivo del proprio passaggio sulla terra, lungi dall'esser ricordato solo come un frettoloso pasticcione ossessionato dal denaro, un tossicodipendente del consumo, pronto a chinar la schiena e a svendere la propria dignità per i propri bisogni, plasmato a immagine di una zecca, svuoltato all'interno delle proprie caratteristiche e dei propri talenti umani e risplendente all'esterno di finta luce riflessa; se una persona sa essere tutto questo nei modi ad ognuno appropriati, allora e solo allora può osare chiamarsi essere umano e può fregiarsi del titolo di persona di pace; diversamente è perfettamente riconducibile ad altre forme di vita animale, con la differenza di esser molto più dannosa di tutte le forme di vita presenti in quanto dipendente da modelli non in equilibrio, non indefinitamente perpetuabili e più potenzialmente negativa dal punto di vista delle possibilità.
La riflessione sopra esposta non vuole esser una dottrina di vita ma uno spunto riflessivo. In effetti, sempre più la fretta maledetta accompagna la nostra vita, e schiaccia verso il basso la nostra tendenza alla riflessione. Meditare non è perdere tempo come molti pensano, ma è la base stessa che definisce la natura degli esseri umani, il momento in cui si lascia spazio a ragione e coscienza di fondersi assieme per trovar la via attraverso la quale risincronizzarsi col resto del creato. Guardate come viviamo: corriamo sempre di più, abbiamo bisogno di innalzare sempre più la produttività di ogni individuo, per poter aumentare i beni spesso inutili a disposizione, per abbassare i prezzi, per poter competere con gli altri, per poter avere sempre più cose spesso superflue a prezzi sempre più bassi, per soddisfare il nostro istinto edonista....e poi? e poi ci troviamo pieni di cose insignificanti, senza tempo per gli affetti o per cercare e sviluppare i propri interessi (base da cui parte la ricerca della conoscenza), in difficoltà ad ottenere una casa e incapaci di costruirla da se, in difficoltà a far la spesa, in difficoltà a fornire una valida istruzione ai propri figli, insensati senza una prospettiva, incapaci di decodificare i rapidi cambiamenti del mondo, e dunque incapaci di trasmettere insegnamenti alle nuove generazioni.....una sorta di uomini-utensili inutili senza una mano che li utilizzi; è tutto qui? tutta qui la nostra intelligenza? dunque è questo che siamo diventati? polli nel pollaio? SI, almeno fino a quando non riprenderemo coscienza di noi stessi.
Tutto quanto sinteticamente esposto sopra risulta particolarmete evidente in quei momenti in cui il sistema scopre i propri deficit strutturali. Il capitalismo o neoliberismo dei giorni nostri è un modello ben lontano dalla perfezione o dall'equità verso le persone e verso le risorse. Di libertà ne contiene ben poca anzi. Molte delle congetture ad esso inerenti sono più verosimilmente speculazioni para intellettuali che vere rappresentazioni della realtà. In una nave servono sempre almeno due cose: una forza di propulsione e un timone. La sola spinta intellettuale senza una direzione che ne instradi il lavoro diventa mera speculazione autoreferenziante e dunque fondamentalmente inutile poichè gira e rigira su se stessa come un vortice. Quello che credo molti già nel passato invece hanno capito è che il sistema economico in voga oggi, non è altro che una fabbrica di schiavi illusi dalla promessa di libertà formale, contestualizzati in una vera giungla dove alla fine vince il più grande e il più forte a discapito di chiunque. Possiamo vedere anche così quello che capita oggi, se alcuni non avessero potuto far il bello e il cattivo tempo e non fossero stati trasportati esclusivamete dall'interesse personale, oggi molti problemi si sarebbero potuti evitare. La verità è che questa situazione è talmente assurda e chiara alle persone che ragionano, da risultare, volendo pensar male, addirittura voluta; bisognerebbe altrimenti pensare che il livello di rincoglionimento è arrivato a livelli talmente alti da esser seriamente preoccupante.
Il cercar giustificazioni o spiegazioni comunque è inutile. Che il sistema attuale sia un sitema piramidale dove bisogna sempre e solo crescere per sopravvivere è ormai palese, alla faccia di coloro i quali sostengono che esso garantisce la libera iniziativa; in verità la garantisce solo ai miserabili, dove un minimo conta, diventa impossibile non tendere alla concentrazione e alla crescita verticale a formar la cima della piramide; anche questo se vogliamo è un grosso deficit strutturale.
Quanto sinora esposto in modo più o meno chiaro e volutamente generico, comunque, non rappresenta altro che una perfezionabile visione delle cose. L'unico vero intento è quello di spingere le persone a ricercar continuamente la verità e i difetti sempre, non lasciandosi andare a facili ottimismi derivanti più dall'ignoranza che dalla disinformazione, perseguendo sempre con fermezza ed apertura su una strada (personale) di principi interiori verso i quali aderire, quegli stessi principi che a volerli ascoltare usando un po' di sesto senso, spesso ci aiutano a non perderci nel pantano sporco e profondo della nostra miserabile condizione.

venerdì 27 giugno 2008

PETROLNOMIA E CURVA DI HUBBERT (PARTE SECONDA)

Ebbene rieccoci qui.
Nella parte prima del presente post avevo terminato dicendo che ci sono dei fattori ulteriori da considerare quando si afferma che gli aumenti nel prezzo del petrolio possano determinare una convenienza maggiore a trovare e usare beni sostituti, forme più "grezze" di petrolio o possano spingere alla ricerca di nuovi giacimenti. In effetti avevo già accennato a una latitanza negli ultimi anni della scoperta di nuovi giacimenti petroliferi "consistenti", e questo basterebbe forse a dire che, se in effetti siamo vicini a un picco di produzione petrolifera, l'ipotesi di una dinamica di prezzo crescente che spinge a investire per scoprir nuove oasi petrolifere sotterranee forse è un po' azzardata, in quanto se non ce ne son granchè, difficile trovarle qualunque sia il prezzo del greggio; comunque sia tale situazione è difficile da ipotizzare a priori e quindi non dà alcuna garanzia per il futuro estrattivo. L'altra idea, quella che sempre a causa dell'alto prezzo del petrolio possa divenir conveniente il ricorso a forme di greggio più pesanti, difficili da estrarre e raffinare, sembra a sua volta una proposta non convincente, sia perchè, così come la precedente ipotesi, essa dilaziona semplicemente il problema avanti nel tempo, e dunque non lo risolve, sia perchè tale idea lascia comunque dubbi corposi relativamente: all'ammontare della spesa energetica necessaria ad estrarre e raffinare tale greggio (e dunque un problema di bilancio energetico passivo ipotizzabile), alla disponibilità di petrolio che si potrebbe così complessivamente ottenere (dato il livello di consumi), alla possibilità di ottenere davvero prodotti usabili da tali tipi di petrolio considerando sia la difficoltà tecnica quanto la limitatezza del potenziale di raffinazione per quanto riguarda queste forme "sporche" di greggio. L'idea poi di ricorrere a beni sostituti, forse la più attuabile, viene però presa in considerazione, almeno stando a quanto sentito, con una leggerezza eccessiva, tipica forse di chi è abituato a ciarlare e non sa di quel che parla, qualunque sia il nome del padrone della bocca che sta blaterando. In effetti due soprattutto sono le questioni da tener presenti: da un lato abbiamo il fatto che i beni sostituti sono tecnicamente difficili da individuare, e l'unico ambito da cui essi possono effettivamente scaturire è l'intelletto dei ricercatori, ma come spesso si sa o si dovrebbe sapere, i risultati scientifici non sono qualcosa di programmabile o di naturale germinazione quando ci sono problemi, ma anzi sarebbe più oculato consentire un progresso continuo e duraturo nel tempo seppur sempre con fasi di accelerazione in periodi di urgenza; invece penso tutti sappiano come sta in genere la ricerca (quella seria e che conta non quella delle creme antirughe) soprattutto in certi ambiti o certi paesi....la domanda logica quindi è: ma saremo in grado col nostro livello di conoscenza di trovare per il momento del bisogno dei sostituti accettabili, soprattutto ipotizzando un momento di bisogno non molto in là nel tempo? Dall'altro lato abbiamo invece una constatazione da fare, ossia il fatto che per anni certo tipo di industria si è sviluppata attorno all'utilizzo e trasformazione del petrolio in una miriade di altri prodotti oggi di larghissimo consumo (da qui il termine petrolnomia); in effetti il petrolio si è prestato nel tempo a una grandissima molteplicità di usi in settori diversi (dai concimi e diserbanti che sostengono l'agricoltura e l'allevamento intensivi, alle plastiche, al combustibile per auto o centrali elettriche, agli indumenti e/o tessuti tecnici, ecc, ecc, ecc); il problema che ci si pone ora parlando di sostituti, è quello di ripartire con una ricerca in grado di trovar sostituti simili per i vari campi applicativi, dato che un altro bene come il petrolio si presume non ci sia.....purtroppo alcuni esperimenti li si stanno facendo. Dato che, al livello di conoscenza odierno, ci si rende conto che l'unica attività realmente produttiva, replicabile, in quanto non a se stante, come quasi tutte le attività umane, ma situata all'interno di un ciclo osmotico con la terra è l'agricoltura, si cerca di far produrre a essa la base di alcuni beni sostituti, ed ecco così il nylon o la plastica di mais, i biocombustibili, e altre trovate..... come pulirsi il culo con la merda, più si prova ad andar avanti e più ci si impantana, l'agricoltura attuale è in effetti sostenuta nella resa in buona misura proprio dai concimi e diserbanti vari che hanno consentito nel tempo, assieme alla meccanizzazione agricola (che usa sempre petrolio) di aumentare la produzione per ettaro, espandere quindi gli allevamenti e ridurre gli addetti al settore. In un contesto in cui l'agricoltura sta all'ultimo posto, risulta chiaro che nel momento in cui i margini (data l'alta richiesta e il conseguente aumento di prezzo) derivanti dalle coltivazioni per questi nuovi usi, risultino maggiori di quelli per le coltivazioni ad uso tradizionale, la migrazione verso queste coltivazioni, potrebbe sottrarre terreni alle altre coltivazioni alimentari, determinando un aumento dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, che in certe zone particolarmente povere potrebbe creare un vero terremoto alimentare.....la soluzione quindi sarebbe quella di aumentare le coltivazionie la produzione, sottraendo terreni alle foreste o altro, con conseguenti problemi ambientali e sociali.....insomma bisognerà decidere se dar da mangiare alle auto o a noi stessi.
Come sopra esposto risulta chiaro che il problema sembra grave, soprattutto ipotizzando che le affermazioni di molti definiti catastrofisti risultassero vere o verosimili. In genere si può pensare che l'andamento del consumo e produzione di petrolio possan essere un po' difformi nel tempo da una gaussiana perfettamente simmetrica. Nonostante ciò occorre muoversi rapidamente e correttamente, ma per far ciò occorre cambiare il modo semplicistico di pensare da sempre adottato in certi ambiti soprattutto economici ma anche scientifici, e cominciare a pensare ai problemi non come entità separate, ma come un tuttuno relazionato, estremamente difficile, ma estremamente affascinante ed importante per ognuno di noi.....occorre in sostanza capire che il mondo in cui crediamo di vivere è solo un costrutto artificiale completamente svincolato dalla realtà e per nulla in osmosi con essa, e che la realtà "vera" è quella che da sempre crediamo di conoscere ma che in realtà non comprendiamo minimamente nelle sue sfaccettature e nella complessità dei suoi rapporti reciproci. Ogni eccezione alla regola è solo qualcosa che non capiamo e che ci dice che non abbiamo ragione fino in fondo, perchè c'è molto altro da capire.
In sostanza è anzitutto un cambiamento di mentalità e di modo di rapportarsi col mondo che serve. Una sorta di nuovo anno zero da cui ricominciare a ricostruire o rivedere le fondamenta stesse del nostro modo di concepir la nostra esistenza....un nuovo approccio, una nuova strada più vicina di quanto si possa pensare eppure estremamente poco visibile a noi. La speranza è che non serva un nuovo "diluvio universale" per rinascere, ma che ci si possa arrivare da soli attraverso la consapevolezza e la coscienza comune e individuale.

venerdì 13 giugno 2008

THANK YOU IRELAND!!!


E' di recente acquisizione la notizia secondo la quale l'Irlanda sembrerebbe aver bocciato il famigerato trattato di Lisbona.
Ringraziamo gli irlandesi per averci salvato il posteriore, obbligando l'Europa a ritornare o ripensare ai propri passi.
Quel che si delinea in ogni caso è nuovamente, dopo la bocciatura della costituzione europea, una nuova crisi istituzionale dell'organismo comunitario. Crisi d'altro canto inevitabile sia da un punto di vista sostanziale che formale. Dopo tutto l'Europa si conferma ancora una volta essere un grandioso carrozzone burocratico ed economico, ma privo della ben che minima spina dorsale dal punto di vista della legittimazione popolare. Non è infatti un caso che le ratifiche, ove possibile, del trattato in questione siano state fatte attraverso il bypass del parlamento, ignorando completamente la volontà popolare in merito, che avrebbe invece dovuto assolutamente essere informata e ascoltata attraverso referendum in merito a uno dei trattati più significativi, e schifosi, che la storia recente rammenti. Il fatto di aver invece volutamente ignorato le grandi masse, deciso a tavolino, e poi quando è arrivato il momento necessario, di ricevere un minimo consenso popolare, di esser miseramente caduti, beh questo dimostra ancora una volta come questa Europa sia più vicina alla politica, ai banchieri e a qualcun altro che non ai popoli europei, vero motore e cardine di ogni istituzione.
L'economia è facile da unificare, ma il sentimento comunitario e il desiderio di unità non lo si crea da l'oggi al domani, anche perchè tanti sono i popoli e le culture di questa europa che qualcuno vorrebbe soffocare e standardizzare sullo stesso livello inevitabilmente misero.
Il discorso è chiaro in fin dei conti: non sono i popoli europei che vogliono unirsi e creare qualcosa di nuovo insieme, è qualcun altro che tira per farlo, ed il fatto che gli aspetti monetario ed economico siano stati i primi ad "unificarsi" dovrebbe dirla lunga su chi sarà il nuovo tiranno europeo.

Per consultazione:

domenica 8 giugno 2008

PETROLNOMIA E CURVA DI HUBBERT (PARTE PRIMA)


Come molti sicuramente hanno notato, recentemente (negli ultimi anni) abbiamo avuto modo di assistere ad un fenomeno curioso e preoccupante per i risvolti futuri che può avere sulla nostra vita quotidiana, ossia il continuo e quasi costante crescere del prezzo del greggio sui mercati internazionali; la maggior parte di noi se ne è di sicuro resa conto nel momento di far il pieno all'auto o di pagar la bolletta elettrica, ove quasi mensilmente si è notato una corsa al rialzo degna di una partenza automobilistica. Diventa pertanto necessario interrogarsi sul motivo che può spingere i prezzi del petrolio al rialzo in questo periodo, e qui comincia il bello!
Tralasciamo per carità cristiana le opinioni della politica, che come sempre si dibattono fra l'indifferenza e la fantameditazione. Volendo partire dalle opinioni comuni, potremmo dire che a causar questi rialzi è stata la guerra in iraq, la crisi economica statunitense e mondiale, la debolezza del dollaro sui mercati valutari internazionali, gli incidenti agli impianti produttivi, la limitata capacità di raffinazione disponibile a livello planetario, le tensioni politiche, ecc.
Tutte ragioni a quanto pare valide e sicuramente concorrenti all'ottenimento del risultato finale. Quello che però spesso non viene considerato è che la crisi attuale (perchè in effetti così la possiamo chiamare, ossia crisi petrolifera) possa dipendere anche da fattori più gravi e strutturali. In particolar modo si considera pochino l'ipotesi che a influenzare i prezzi del greggio sia anche la speculazione (finanziaria per lo più) e ancora meno si considera un altro elemento, ossia la curva di Hubbert, nonstante questa sia da molto tempo nota a livello teorico.
Diventa quindi necessario introdurre ai lettori qualche nozione relativamente a questa "novità".
Marion King Hubbert, geofisico americano, ha lavorato presso i laboratori di ricerca della Shell Oil Company dal 1943 al 1964 e successivamente come ricercatore presso la United States Geological Survey sino al 1976, professore di geologia e geofisica presso le università di Stanford e Berkeley.
I suoi studi più famosi e controversi, in quanto portatori di importanti conseguenze politiche, economiche, tecnologiche e sociali, furono quelli riguardanti l'evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi risorsa mineraria o fossile, quantitativamente limitata e quindi esauribile.
Hubbert partendo dall'analisi dei dati storici di estrazione di un giacimento (inizialmente venne considerata la serie storica dell'estrazione di carbone), arrivò a prevedere, con la propria analisi, il momento di massima estrazione del giacimento stesso (picco di Hubbert), o di una serie di giacimenti o una regione estrattiva; al di la di questo la produzione può solo diminuire in quanto diviene progressivamente più complessa e onerosa, arrivando a sfruttare solo una metà del giacimento stesso. La formalizzazione matematica di questa analisi basata sui dati storici, prese il nome di curva di Hubbert e consentì l'applicazione di questa teoria ad un insieme ampio di casi. Famosa divenne la sua applicazione da parte dello stesso scopritore alla produzione continentale di petrolio sul territorio nazionale americano; nel 1956 in effetti Hubbert indicò che la dinamica futura di estrazione di petrolio USA, avrebbe raggiunto il suo livello massimo (detto appunto picco di Hubbert) verso l'inizio dei primi anni '70. Inizialmente snobbata da tutti la teoria ritornò in "voga" quando nei primi 70 effettivamente la produzione di petrolio USA arrivò al suo massimo, e i successivi eventi, ossia le crisi petrolifere del 1973 e 1979, trasformarono il professore nel geofisico forse più famoso del globo. Le teorie del professor Hubbert, sono state riprese in seguito anche da altri studiosi (tra tutti Campbell e Laherrère) al fine fra l'altro di riuscire a meglio formalizzarle e delineare in maniera più o meno precisa il momento di raggiungimento del picco di produzione mondiale di petrolio e gas naturale, analisi tra l'altro piuttosto complessa data l'incertezza sulla consistenza delle riserve petrolifere detenute da alcuni stati, nonchè gli altri fattori quali rallentamenti economici o utilizzo di altre fonti di petrolio come per esempio le sabbie o scisti bituminosi. Tuttavia molti di questi studi individuano nel periodo 2006 - 2020 il momento di realizzazione della massima produzione mondiale, periodo oltre il quale, secondo la teoria di Hubbert, l'estrazione può solo rallentare.
Come ogni teoria anche quella del professore americano incontra le proprie critiche e i propri detrattori. Principalmente esse covergono su una questione: la teoria di H. non contempla l'ipotesi che la tecnologia possa tradurre un bene non energetico in bene energetico, o più esplicitamente, non viene considerato il fatto che una crisi mondiale a livello petrolifero spinga la tecnologia ad affinarsi o svilupparsi al fine di individuare dei sostituti del petrolio, cosa questa che ne ridurrebbe la domanda e quindi il prezzo.
In effetti l'unica variabile indipendente nel modello di H. è la quantità estratta; il prezzo invece dipende dall'incontro di domanda e offerta. Questo approccio però nega l'ipotesi che il prezzo possa influenzare l'offerta; in effetti se consideriamo,vista l'importanza del bene, la domanda di petrolio come sostanzialmente anelastica al prezzo, un aumento di prezzo derivante da una riduzione nell'offerta, può raggiungere la soglia oltre la quale vengono coperti i costi (e dunque diventa conveniente) necessari per l'investimento nella ricerca di nuovi giacimenti, di utilizzo e sviluppo di nuove tecniche estrattive e/o di raffinazione che vadano a sfruttare parti più pesanti e "sporche" dei giacimenti. Questa ipotesi creerebbe nella curva di H. una discontinuità in quanto si creerebbe improvvisamente un balzo verso l'alto nella produzione, cosa questa che finirebbe col riallineare verso il basso il prezzo. Va però sottolineato che difficilmente sarà possibile scoprire nuovi mastodontici giacimenti e in effetti negli anni recenti ben pochi, anche se piccoli, ne sono venuti alla luce. Sul fatto poi che la dinamica crescente del prezzo del petrolio possa spingere gli investimenti a cercare dei beni sostituti, va detto che anche se ciò è considerabile come razionale, ciononostante esistono altri fattori da considerare, la cui trattazione rimando alla seconda parte del presente post.

venerdì 21 marzo 2008

E NOI SEMPRE E SOLO LI A GUARDARE!!!!!





RWANDA SOMALIA


TIBET BIRMANIA

Questi sono stati nel tempo recente i fatti più significativi, credo, che sono avvenuti in campo internazionale dal punto di vista socio -politico. Genti oppresse o genti schiacciate, persone mutilate, morti, sangue, violenze di ogni tipo, gente che lotta per il proprio diritto a esistere come comunità, che rifiutano di farsi schiacciare dagli oppressori, o più semplicemente gente vittima della follia di conquista, dell'egoismo, dell'odio razziale e culturale; morte e sofferenza comunque senza freni.
E noi? dove sta l'opulento e autocompiaciuto occidente? dove stanno i pacifisti? dove stanno le grandi organizzazioni internazionali? dove stanno i capi che governano il mondo? vorrei proprio sapere dove sta tutta questa gente che parla e straparla sulle cose inutili ma che nei momenti essenziali latita peggio dei mafiosi. Qualcuno sa spiegarmi a cosa servono le nazioni unite? a me sembrano solo un gran carrozzone di burocrati dalle mani lunghe e di papponi, più attenti a far ciascuno i propri interessi che a cercar di dare davvero al mondo un equilibrio almeno per quel che concerne gli aspetti essenziali dell'umanità. Ma lo sappiamo: un conto sono i paesi con risorse, i paesi ricchi, i paesi sotto l'influenza di paesi importanti o con diritto di veto; un' altro sono i popoli povere, le comunità rurali, le popolazioni africane, cosa vuoi che ce ne possa fregare a noi magnifica ONU se quattro poveracci vengono sterminati o si ammazzano fra loro?!....noi non possiamo intervenire, diamogli giusto un paio di caschi blu e un po' di eccedenze o scarti della nostra produzione alimentare! In fondo se dessimo a tutti la libertà o se tutti potessero far valere i diritti che noi gli riconosciamo sai quanti dovremmo scontentare!
Bravo occidente bravo, sei li che ti crogioli al sole, vivendo sulle spalle delle altre comunità umane da secoli, fai finta di portar l'ordine e la giustizia fondamentale a tutti, metti su una organizzazione che è una babele e un carrozzone costosissimo a questo scopo, e poi? te ne stai li? sulla poltrona? a guardar i tuoi fratelli che crepano come animali, a veder gente coraggiosa che ha ancora coraggio per rischiare e lottare contro chi cerca di annientarli, o magari a rivedere i film della storia ripercorrere il tempo presente, con l'odio fra le genti dello stesso paese, la colpa del quale occidente è anche tua che li hai sfruttati e sradicati dalla loro civiltà tradizionale, che li hai corrotti col denaro e le promesse, che li hai obbligati a viver insieme nella miseria, che li hai schiavizzati, e ora occidente tu stai li a guardare con la tua falsa aria triste che si ammazzano come cani dopo che tu hai inserito in loro il germe dell'odio, dopo che tu li hai costretti e spinti ad ammazzarsi, vendendogli le armi, sfruttando le risorse. E se non hanno risorse occidente? beh che si ammazzino pure farò un discorso di solidarietà così tanto per proforma. E poi non vorrai mica che mi faccia qualche nemico no? magari la cina!
Povero occidente senza dignità e senza onore, troppo sei stato corrotto dal finto benessere a dall'anomalo quieto vivere atrio del servilismo! Dove son finiti quelli che eran disposti a rischiare, dove son finiti gli eroi veri? solo nei film oramai, perchè oggigiorno un eroe se non è straordinario e con 1000 superpoteri, non è nemmeno tale, non esiste che noi povera società di gente comune, con le nostre idee, il nostro impegno, la nostra volontà di migliorare e di aiutare, possiamo cambiare il volto di questo mondo! Lasciamo che lo facciano gli altri, vabbeh magari na manifestazioncina così per tener a posto la coscienza, e chi viene viene!
In fin dei conti non sono mica affari miei io penso per me.
Bravo!!!!

lunedì 17 marzo 2008

MA CHI VUOLE QUESTA GLOBALIZZAZIONE?

Inserisco per divertimento un paio di video interessanti da guardar con calma dato che siamo sulle 3 ore complessivamente.
Il primo è di David Icke il secondo un estrapolato dalla trasmissione anno zero del 6/3/08, precisamente alcune dichiarazioni di Giulio Tremonti. I video sono facilmente reperibili su internet io mi limito a correlarli e voi a guardarli e capir quel che volete capirci.
Buona visione



Discorso di David Icke: "la piramide della cospirazione globale" parte prima e seconda (reperibili su google video anche separatamente per chi proprio non ce la fa a reggere 2h56')





Estrapolato anno zero parte 1



Estrapolato anno zero parte 2

sabato 8 marzo 2008

Perché il crac: la funzione delle tre curve di LaRouche

Tratto da: www.movisol.org

Una delle tesi più caratteristiche dell’economista americano Lyndon LaRouche a proposito della crisi finanziaria attuale è che essa non può essere risolta nell’ambito delle regole del sistema perché all’origine della crisi c’è una contraddizione di fondo del sistema stesso. Si tratta della convivenza simbiotica di due “filosofie” antitetiche. Una è la filosofia monetarista, il parassita, e l’altra è quella dello sviluppo dell’economia reale, l’organismo portatore. Questa seconda filosofia è quella che ad esempio è prevalsa negli anni della ricostruzione. Da circa un trentennio, invece, si afferma sempre di più la prima.
La convivenza non può protrarsi in eterno perché al fondo c’è un conflitto insanabile che presto o tardi entrerà in una fase risolutrice.

Il recente sopravvento della filosofia monetarista genera il collasso delle strutture produttive in un processo illustrato da Lyndon LaRouche con una funzione complessa composta di tre curve, le tre componenti dell’economia che interagiscono strettamente tra loro (Figura 1).

Sebbene il grafico presentato da LaRouche non sia costruito direttamente su dati empirici, diversi studi condotti dalla rivista EIR rilevano le frequenti corrispondenze e similitudini nelle economie nazionali o regionali con questa funzione paradigmatica.

La curva inferiore descrive le componenti fisiche di un’economia: infrastrutture e miglioramenti di diversa natura del sistema produttivo; comprende anche il territorio agricolo, industriale e gli spazi urbani; comprende inoltre componenti non strettamente “fisiche” ma comunque essenziali all’attività produttiva, soprattutto sanità e istruzione, che sono altrettanto indispensabili degli oggetti fisici e di consumo. Non vi si contemplano invece tante altre attività, che vanno dall’inutile al dannoso: traffici illeciti come quello degli stupefacenti, speculazione finanziaria di vario tipo, molti “servizi", ecc., anche se queste voci possono finire per essere iscritte al PIL.

La curva di mezzo descrive la crescita monetaria. Approssimativamente corrisponde a ciò che economisti e banchieri chiamano M3.

La curva superiore rappresenta l’andamento degli aggregati finanziari. Comprende ogni forma di “titoli” - derivati, debiti, azioni e obbligazioni.

Questi titoli “accampano pretese", hanno delle scadenze di pagamento che debbono essere soddisfatte, sebbene molti di essi, come nel caso ovvio della speculazione pura, non abbiano alcuna corrispondenza con la produzione reale e meriterebbero di essere considerati illegittimi. Occorre provvedere a queste “pretese", o titoli, perché sono legittimati dalle “regole del gioco", le quali però non si premurano in alcun modo di stabilire una corrispondenza tra titoli e realtà fisica della produzione. Per garantire che quei titoli siano onorati, i governi e le banche sono costretti ad evitare le insolvenze con i rifinanziamenti, aumentare cioè la liquidità generale del sistema, gli aggregati monetari della seconda curva del grafico. Ma quei pagamenti finiranno sempre per essere sottratti al settore produttivo dell’economia reale - dove viene prodotta la ricchezza dalla quale dipende in ultima analisi ogni attività finanziaria. L’andamento di questo settore, descritto dalla terza curva, declina verso il basso in corrispondenza di un restringimento sistematico della produzione, giacché il capitale che dovrebbe essere investito nella sua espansione, e anche al suo semplice mantenimento, finisce per essere sottratto a questa priorità per far fronte alle scadenze dell’apparato speculativo finanziario.

L’esempio più ovvio ed elementare è la sottrazione dei capitali alle manutenzioni industriali per ascriverli ai profitti, facendo apparire l’impresa “più redditizia” proprio in corrispondenza di una perdita di capacità produttiva. Lungi dall’essere un espediente marginale, questo è il senso della politica che passa sotto il nome di “deregolamentazione".

Nell’economia mondiale, il dirottamento verso la sfera finanziaria dei capitali che invece dovrebbero alimentare l’economia reale è il succo della politica del FMI, che con le sue condizioni, impone di sacrificare sistematicamente il potenziale produttivo di un paese dando precedenza assoluta e indiscutibile alla sua immediata “solvibilità finanziaria". I prestiti del Fondo hanno il solo scopo di lubrificare il processo per evitare shock dalle conseguenze imprevedibili.

Il fattore da notare è come la curva superiore sia governata dalla logica del “profitto a prescindere dalla produzione", che assume sempre più una vita propria, sfonda gli argini delle regolamentazioni e diventa sempre meno controllabile. Si tratta di un aspetto che dovrebbe risultare particolarmente evidente oggi, quando i governatori delle banche centrali non hanno altra scelta se non continuare ad alimentare la seconda curva per impedire il collasso della superiore (a diretto discapito della inferiore). Ad ogni sussurro di rialzo dei tassi d’interesse o di rastrellamento di liquidità in eccesso corrispondono tremori che scuotono le fondamenta dei mercati mondiali.

In termini algebrici, l’andamento iperbolico delle tre curve interrelate comporta chiaramente un limite oltre il quale quel processo non può andare, dove le curve schizzano verso l’alto e il basso.

In termini reali, man mano che si approssima tale condizione limite, si verificano i grandi shock iniziati con la crisi dei mercati asiatici e moltiplicatisi nella crisi dei GKO, nelle crisi dell’Argentina e del Brasile, nel crollo della New Economy, e sfociati nel crescendo parossistico dei “crac” e “quasi crac” sempre più difficili da “pilotare e gestire".

L’unico intervento per gestire questa crisi, che ormai si protrae da quasi un decennio, è l’immissione di nuovo capitale a cui sono preposte le banche centrali. Salvando però le imprese sull’immediato, la liquidità che si accumula produce problemi insormontabili, sull’esempio dell’iperinflazione che travolse la repubblica di Weimar in Germania, nel 1923. Lo stesso processo si sta oggi ripresentando, ma assumendo una dimensione planetaria, in cui non si vede la possibilità di “salvataggi dall’esterno", come invece fu allora possibile.

Continuando a rifinanziare le bolle del sistema, gli aggregati monetari finiscono per aumentare molto più rapidamente degli stessi aggregati finanziari, come è successo nel periodo successivo al 1999. Si arriva ad un punto in cui il grafico di LaRouche presenta una situazione particolare, rappresentata nella Figura 2.

La seconda curva, quella degli aggregati monetari, interseca la prima, quella degli aggregati finanziari, superandola nel tasso di accelerazione. Questo significa che ogni volta il volume di liquidità necessario a salvare il sistema è persino maggiore di tutto il volume della bolla dei titoli da salvare!
Questo caso speciale fu introdotto da LaRouche per spiegare gli effetti della politica iperinflazionistica che fu decisa tra il 1997 ed il 1998. Nello stesso periodo egli lanciò la campagna per un ritorno al sistema di Bretton Woods.
I suoi moniti non furono ascoltati e verso la fine del 1998 si ebbe la crisi delle “piramidi finanziarie” in Russia e del grande fondo LTCM. Anche in questo caso la Federal Reserve e la City di Londra ripiegarono sulla politica dei rifinanziamenti a tutti i costi, aumentando l’emissione monetaria.
Le banche centrali tornarono nuovamente a premere l’acceleratore delle emissioni iperinflative per rispondere alle crisi del Brasile e dell’Argentina del 1999, e successivamente nei preparativi al fatidico scadere del 1999, in vista di una temuta catastrofe del Y2K, una scusa servita ad alimentare l’impennata di borsa dei titoli Nasdaq.
Nella Figura 3 sono riportate insieme alcune delle componenti essenziali dell’economia USA che corrispondono almeno in parte alle tre componenti della funzione di LaRouche.

Per porre in rilievo l’andamento successivo al 1996, le componenti sono state indicizzate a questa data. I dati riguardano solo l’economia americana ma sono paradigmatici per tutta l’economia mondiale: sono rappresentati il debito totale (pubblico, delle imprese e dei privati) e l’offerta monetaria (fonte: Ferderal Reserve Flow of Funds), l’occupazione manifatturiera (Fonte: US Department of Labor) e i profitti delle imprese (Fonte: Federal Reserve).
Dall’andamento dei dati reali è evidente il punto in cui l’accelerazione dell’offerta monetaria diventa superiore a quella degli stessi aggregati finanziari, come illustrato da LaRouche nel caso particolare del suo grafico ideale. (Figura 2).

È interessante inoltre notare il rapido calo dei profitti delle imprese. Queste non sono più in grado di far fronte al servizio sul debito e sono costrette, a causa della diminuzione delle entrate, anche a chiudere l’attività, non importa quando denaro la Fed di Greenspan metta a loro disposizione.

venerdì 29 febbraio 2008

L'IRRESPONSABILITA' DELLA GRANDE MANO OSCURA

Possiamo dunque continuare col nostro bel discorso, visto che nello scorso post abbiamo avuto modo di cercare di inquadrare meglio il problema della complessità delle relazioni che ci legano con aspetti così radicati nella nostra natura umana come sono appunto lo spirito competitivo e l'egoismo individuale.
La competizione è insita nell'uomo da sempre, come tuttavia lo è la solidarietà, il far gruppo, tuttavia a prevalere dovrebbero sempre essere gli aspetti di tipo comunitario e di sostenimento reciproco dato che ci troviamo in una società così formalmente orientata al globale e alla vita sociale. Invece a prevalere è l'aspetto competitivo, così come lo è nella vita allo stato selvaggio, questo quasi a dire che gira gira il problema della sopravvivenza che noi, ignoranti e presuntuosi esseri, pensiamo di aver da tempo ampiamente superato, in verità non lo abbiamo mai risolto ma semplicemente parzialmente ammorbidito e spostato di contesto, trasformandolo in qualcosa di più sofisticato e compatibile col nostro costrutto sociale. In natura però esiste anche l'aspetto sociale comunitario, altra importante forma di sussistenza dei gruppi di viventi, il cui scopo è fondamentalmente diminuire la fatica del vivere, distribuendo su tutta la comunità gli oneri e i vantaggi che di volta in volta ci si parano di fronte nel vivere quotidiano. Complessivamente questa ipotesi si dimostra vantaggiosa, in quanto consente al gruppo di organizzarsi e dividersi i compiti, generando una struttura, più o meno complessa, che si comporta rispetto all'ambiente circostante come un singolo organismo clusterizzato, che come tale consente di ottenere una gestione ottimale delle risorse compatibilmente con le esigenze di sussistenza dell'organismo gruppo stesso.
La stessa società umana trae origine proprio da queste prime forme di organizzazione. Nel tempo però il crescere della complessità dei gruppi, ha reso necessario la definizione di una sorta di "direzione" dello stesso che riuscisse a organizzarlo e a garantirne l'esistenza sia da un punto di vista del sostentamento che del rapporto con gli altri gruppi di esseri viventi sia della stessa specie sia di altre. Sostanzialmente questo era il rapporto competitivo originale dell'uomo con il mondo e le altre creature. Il principio di egoismo individuale invece entrava in gioco parallelamente a quello competitivo solo nel momento riproduttivo e nei casi di lotta per la sussistenza, qualora il gruppo stesso non fosse in grado di autosostenersi in alcuni periodi. Negli altri casi possiamo considerarlo alquanto quietato dato che esso era temporaneamente tenuto congelato dalla vita collettiva che si era riusciti a costruire, e che assieme alla direzione del gruppo rendeva collettivo il bisogno dell'individuo (in un tempo in cui i bisogni degli individui erano quelli basilari). Sostanzialmente quindi la competizione era un' esigenza rivolta verso l'esterno della società e l'egoismo del singolo veniva quietato dal fatto che la collettività tutta era interessata al soddisfacimento dei semplici bisogni di ognuno.
La svolta la introduce fondamentalmente l'ampiamento del gruppo che introduce una sorta di spirale quasi evoluzionistica. Il crescere delle dimensioni del gruppo in effetti, rende necessaria una "direzione" dello stesso progressivamente più complessa e articolata, e in definitiva di livello più staccato dalla base originaria di quanto non fosse precedentemente; questo è l'inizio, a mio avviso, delle prime distorsioni della percezione dell'idea di competizione ed egoismo individuale. La crescita del gruppo spinge la "direzione" dello stesso a cambiare e questa a sua volta muta e inizia a tirare il gruppo stesso verso l'ampiamento, innescando una spirale di crescita che porta, nel tempo, alla definizione di grandi agglomerati umani, ciascuno dei quali desideroso di espandere se stesso, guidato dalla propria "direzione" e dalla distorsione della sua componente di competizione ed egoismo individuale. D'altro canto un gruppo molto ampio e impossibilitato, dalla realtà dei fatti e delle distanze, ad una connessione stabile e continua, perde il proprio carattere fortemente unitario e di conseguenza tende a perdere i propri obbiettivi comuni e così quindi la "responsabilità" reciproca che ne aveva determinato la nascita e la stabile sussistenza in precedenza. Sempre più quindi la "direzione" assume una funzione essenziale e per questo si trova in una posizione sempre più privilegiata rispetto al resto degli elementi, in quanto ora è da essa solamente che dipende la sussistenza di tutti, dato che la dimensione dell'agglomenrato, in mancanza di stabili, veloci e potenti mezzi di collegamento fra i membri, ne impedisce la spontanea organizzazione. Sia ben inteso, forme spontanee di organizzazione locali sono sempre esistite: dalla famiglia, alle piccole comunità, ma complessivamente questo non è più facilmente possibile (parlando della realtà globale di un gruppo, piuttosto che di una nazione, ecc).
Questo può per certi versi spiegare anche l'esigenza degli stati nazionali. Il loro nascere, in effetti, diventa la manifestazione della "direzione", che creando una struttura al di sopra di ogni individuo, e non direttamente collegabile agli individui specifici, getta le basi per una unificazione della collettività e per una sua organizzazione complessiva mediante strutture formalmente create da ognuno, ma sostanzialmente al di sopra di ogni singolo. La sostanza non cambia, nonostante le varie forme assunte nel tempo da chi "decide", siano esse repubbliche, monarchie elettive, imperi, ecc chi decide resta sempre chi sta sopra alla struttura creata, anche se questo non sarebbe formalmente possibile. Gli stati nazionali, qualora fossero lasciati liberi dalla loro struttura, finirebbero per polverizzarsi in miriadi di comunità più fortemente collegate fra loro, e questo non sarebbe male, se si fosse in grado di mantenere delle priorità fondamentali superiori, da mantenere per il benessere di tutti (es: la tutela del territorio complessivo e delle sue risorse,...).
Ma come è possibile che poche strutture riescano a controllare e gestire tutte le persone di una vasta comunità?
Semplicemente nello stesso modo con il quale la "direzione" gestiva in precedenza il gruppo, ossia mediante l'esigenza di rispondere a dei bisogni, e tanto più forti o numerosi saranno questi bisogni, tanto più forte sarà il rapporto di privilegio fra "direzione" e collettività.
Ma come si fa a gestire così tanti bisogni all'interno di una comunità sfilacciata dalla sua stessa ampiezza?
Semplicemente delegando il soddisfacimento dei bisogni, che spingeva le persone a consociarsi e sostenersi reciprocamente, a qualcosa di esterno, di impalpabile, un "sistema" da fondare sui presupposti più potenti e distruttivi dell'umanità (se non tenuti sotto controllo), e cioè appunto la competizione, rivolta non più verso l'esterno ma prevalentemente verso l'interno del gruppo, dato che esso è ora tendenzialmente globale (globalizzazione), e l'egoismo individuale (che prima era fondamentalmente congelato dal vivere in una comunità di tipo solidale).
La situazione appena delineata definisce come, nel tempo, la collettività sia passata da una forma organizzativa clusterizzata, a una più spinta verso la forma piramidale, con al vertice non tanto la "direzione", ma ciò che la legittimizza in maniera netta, e cioè il soddisfacimento dei bisogni. La spinta poi, che lo stesso "sistema" adottato, ha impresso verso una evoluzione incontrollata della competitività fra i soggetti e verso un crescere parassitario dei "bisogni" individuali, non ha fatto altro che rafforzare la base stessa su cui la "direzione" poggia. Se a questo aggiungiamo come, nel tempo, il sistema abbia provvisto progressivamente a una smaterializzazione e valorizzazione stessa di bisogni, ma anche di molti altri aspetti della vita quotidiana (oggigiorno per esempio rispetto e valore degli individui passano molto spesso attraverso una loro valorizzazione della performance economica, almeno dal punto di vista formale), mediante l'adozione di una misura universale (il denaro), ricollegata a ogni aspetto della vita umana a tal punto da modificarla e modificar persino la percezione della realtà per gli individui; se aggiungiamo come detto questo a quanto già considerato, beh risulta facile capire come il controllo del gruppo passi attraverso il controllo della sua "unità di misura".
Sembrerebbe tutto stabile e delineato. Non consideriamo però una cosa, e cioè che abbiamo innescato, liberando in modo incontrollato l'egoismo e la competizione nella collettività, una spirale incontrollabile e potenzialmente dannosa per ogni persona. Einstein diceva: "Solo due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. E non sono ancora sicuro della prima."
Se infinito è il nostro egoismo e i nostri bisogni, così non è per ciò che ci circonda, e vivere in un sistema che impone, costantemente, di crescere per poter continuare a sussistere, per poi redistribuire iniquamente quanto ottenuto, in modo da dar tra l'altro sempre l'idea di bisogno, beh si capisce che non può continuare. Non può continuare a meno che non siamo in grado di spostarci come le cavallette di risorsa in risorsa, ma anche così non sarebbe sostenibile la cosa, volendo dar delle minime garanzie a ognuno in merito al proprio futuro, e comunque non credo sia possibile per noi spostarci di pianeta in pianeta o simili.
L'irresponsabilità del vertice sostanzialmente ha finito per contaminare la responsabilità dei singoli elementi; e a meno che non si capisca che un sistema per essere buono deve durare, essere parco, equo e sostenibile nel tempo e possibilmente nello spazio, e che quindi sono necessari cambiamenti significativi e operati per tempo, a meno che non si capisca questo, a mio avviso drastiche e potenti saranno le conseguenze nel futuro.
Ci troviamo sostanzialmente al di sotto di una mano oscura al di sopra di tutti, anche di chi ci dirige, che sta guidando i nostri passi verso un futuro affatto scontato e definito, ma di sicuro non roseo. L'umanità esiste da un bel pezzo e basta considerare come l'esplosione, sotto ogni punto di vista, avvenuta negli ultimi 2-3 secoli sia riuscita prima a meravigliarci e poi a metterci in crisi prospetticamente grave, per capire come la strada imboccata sia assolutamente errata e quantomeno pericolosa. L'unico nostro grave errore che ora potremmo fare è, a mio avviso, cercar dei capri espiatori, e non renderci conto di come i nostri problemi e le nostre contraddizioni, siano qualcosa di più strutturale e che viene da lontano. Esempi positivi esistono ma per cambiare serve una coscenza di gruppo, sostanzialmente quella che prima in forme più semplici di collettività era l'elemento spontaneo necessario alla sussistenza al di fuori dei sistemi preordinati (peraltro fallibili). Anche questo forse ci fa capire come ampiezza del gruppo e omogeneizzazione dello stesso spesso siano concetti più utopistici e inconsistenti di molti altri.

giovedì 28 febbraio 2008

INTERMEZZO PREPARATIVO

Riprendiamo dunque il discorso interrotto nello scorso post.
Come dicevo due elementi possono essere più contestati di altri nel definire o nel cercare di identificare i responsabili delle mutazioni che hanno interessato negli ultimi decenni l'umanità, e cioè l'egoismo individuale e la (inutile) competizione.
In verità questi come altri elementi propri dell'essere umano e in parte della natura stessa, sono fusi all'interno di un contesto più ampio, complesso e interconnesso che è la realtà dei sentimenti e degli istinti umani, e direi anche della consuetudine. Proprio per questo sono da considerarsi come difficili da individuare e capire fino in fondo nell'azione che essi svolgono sulla società occidentale in genere (quella che più penso di conoscere). Una cosa forse è più chiara di altre, e cioè che questi due importanti elementi nel corso del tempo recente hanno subito una sorta di evoluzione-distorsione formale negli individui rispetto al tempo passato. Anche questo fa capire la difficoltà che molte persone e tutti in genere hanno nel percepire il loro influsso; sarebbe un po' come percepire che i capelli più lunghi rispetto al mese scorso creano più attrito con l'aria mentre camminiamo per strada, solo che in questo caso in effetti pur essendo, similmente all'esempio, piuttosto impercettibile per noi la differenza, il suo effetto è molto più radicato ed esteso e quindi in definitiva molto più potente rispetto all'esempio sopracitato.
Perchè in definitiva tutto questo discorso?
Per nulla solo per fissare una riflessione nella mente. Resto profondamente convinto che la conoscenza profonda di se stessi, il tentativo almeno, resti una della cose più importanti da fare prima di andare ad analizzare il mondo che ci circonda. In questo caso questi due caratteri delle persone sono propriamente una parte di noi stessi che si riflette e influisce sul mondo esterno; capirli quindi è un po' come capire di più noi stessi, è un po' come evitare di trovarci di fronte a contraddizioni quando dopo bei discorsi campati più o meno per aria, ci ritroviamo a ritornare in una realtà nella quale non potremmo sopportare o non saremmo disposti a sopportare tutte le conseguenze di quanto da noi stessi affermato.
Da qui ora possiamo partire, capito quando detto sopra possiamo individuare molti elementi della realtà in modo più corretto (secondo il mio modo di vedere ovviamente).

venerdì 15 febbraio 2008

L'EGOISMO INDIVIDUALE SERVE AL.....MALE COMUNE !


Uno dei problemi principali delle democrazie moderne è quello di lasciar sempre meno spazio all'individuo. In effetti l'esigenza di mantener ordine e "benessere" spinge molti ad accettar compromessi a volte espliciti altre volte meno, che in qualsiasi altra situazione non sarebbero propensi ad accettare. Si tratta per così dire delle concessioni richieste dal "quieto vivere", quanto poi questo vivere possa dirsi quieto è tutto da definire. Una cosa però è certa: da queste "concessioni" qualcuno trae vantaggio, e in un mondo in cui tutto è per necessità limitato, più vantaggio per uno vuol dire svantaggio per altri.
Una cosa sembra lampante, negli ultimi decenni il mondo occidentale ha progressivamente abbandonato i suoi modelli tradizionali di vita in favore di un nuovo più comodo messaggio, il messaggio (illusorio) che tutti possiamo vivere comodi, circondati da oggetti luccicanti (e inutili), da benessere, e che possiamo farlo con poco o nullo sacrificio. Molte persone col tempo han iniziato a seguire e desiderare questo benessere, al punto da arrivar a perder di vista alcuni aspetti fondamentali: "è possibile?, è sostenibile?, ci posso credere a una cosa che (almeno all'inizio) sento così strana e inconsistente?". Molti evidentemente per necessità di seguir l'andamento generale o anche per convinzione evidentemente han tratto considerazioni positive sulla novità sopracitata, arrivando anche a sacrificar cose un tempo fondamentali, come visione prospettica della vita, valori base della stessa, per non parlar di regole come buon senso, moderatezza e onore.
Una cosa però non tutti si son chiesti, e cioè è possibile che un modello che fino ad ora ha portato avanti l'umanità attraverso i secoli (nel bene e nel male ovviamente), possa in qualche manciata di decenni esser così drasticamente soppiantato da qualcosa di nuovo a cui affidiamo la nostra esistenza e quella delle generazioni future, pur essendo ben pochi quelli che riescono a capirne l'evoluzione?
Il tema in se è oltremodo ampio e vasto e può coinvolgere vari ambiti: storici, economici, psicologici, sociali,...pur tuttavia sarebbe il momento che l'umanità tutta iniziasse a porsi con serietà il problema, e questo soprattutto in conseguenza ai molti cambiamenti drammatici che stanno toccando tutte le popolazioni e che di certo non aprono grandiosi scenari per il futuro. Risulta però chiaro che metter in discussione usi, consuetudini e più in generale un intero sistema di vita (quello occidentale per lo più) possa risultare estremamente complicato da chi in questo calderone di errori e contraddizioni ci è sempre vissuto partendo dagli avi più recenti fino ad oggi. L'ingessatura però bisogna romperla una volta che si è diventati abbastanza maturi da guarire dal male, altrimenti la conseguenza è un male persino maggiore per quel che si voleva guarire e nel nostro caso, parlando di sistemi e stili di vita contemporanei, quello che si cerca di guarire fondamentalmente è l'incertezza, la paura, il dolore e la fatica fisica della vita e della natura in generale; d'altro canto è proprio contro di questo che l'uomo da sempre lotta.
Sinora però abbiamo parlato molto a livello teorico al punto forse da non capire davvero cosa sta alla base dei discorsi in questione; e in effetti difficile risulta individuare un responsabile, non tanto perchè gli effetti generati sulle società contemporanee siano esigui, anzi; ma semplicemente perchè, dato che le cose e le persone si influenzano continuamente, tanti sono i fattori in gioco. Semplice sarebbe dire che la colpa è del capitalismo o del consumismo attuali. In verità però questi son in parte cause ed in parte effetti di una mutazione più generale che ha parallelamente interessato l'umanità tutta. Due cose forse son più contestabili di altre: l'egoismo individuale e la competizione (non necessaria in quasi la totalità dei casi). Su questo tornerò nel prossimo post per partire con riflessioni più specifiche, e anche perchè i testi troppo lunghi, e questo soprattutto, son noiosi da leggere.

mercoledì 23 gennaio 2008

VIA UNO SOTTO L'ALTRO. E DUNQUE BRINDIAMO?


Si potrebbe considerare curioso il fatto che questo blog, dal titolo un po' deprimente forse, possa partire proprio da questa vicenda accaduta solo ieri e che in fin dei conti non rappresenta nulla di così eclatante, se confrontata con quelle sia attuali che passate, inerentemente sempre alla politica nel nostro paese.
In verità proprio da qui si deve partire per capire il mondo in cui oggi viviamo: dal vertice, dalla classe dirigente. Le accuse nei confronti della politica si sprecano, da sempre, e probabilmente sarà sempre così nel futuro. Tuttavia le persone non dovrebbero mai perdere il sano e giusto coraggio di indignarsi e di opporsi a quello che accade intorno ad esse. In verità questo raramente accade, dopotutto è sempre più comodo o più conveniente, si crede, pensare al presente, ai soldi, al mutuo, ai figli ( se ci sono ), alle vacanze, alla palestra a divertirsi ecc (comprensibile)....questi problemi sembrano lontani, sembrano non riguardarci veramente. Forse è solo pigrizia perchè occuparsi di quello che ci sta intorno richiede fatica, preparazione, intelligenza, lavoro in definitiva, o forse si preferisce far finta di nulla tirar avanti, in fondo di problemi già ne abbiamo tanti, tanto in qualche modo si farà. Molti dei problemi oggi, a mio personale avviso, dipendono proprio da questo atteggiamento. Se come ho detto bisogna guardar la classe dirigente per capire dove viviamo oggi, in verità dobbiamo capire che essa, in qualche modo e nella sua eterogeneità, è comunque rappresentativa della collettività che vi sottende. In un certo qual modo responsabili lo siamo tutti per quello che succede ogni giorno; d'altro canto, se una popolazione non ha direttamente a cuore il proprio destino, quello dei propri successori, quello del proprio territorio, e per capire, e prender le giuste scelte non si attiva direttamente, beh da chi ce lo dobbiamo aspettare. Se non siamo prima noi onesti e disponibili, se non abbiamo prima noi dei valori fondamentali di equa giustizia e lealtà che vadano oltre il semplice interesse personale, o gli iracondi sentimenti di vendetta, beh perchè allora dovremmo aspettarci queste cose dagli altri. Sostanzialmente ogni popolazione è fautrice del mondo in cui vive e ha il dovere di esprimere con chiarezza e decisione la propria idea. Al contrario oggi siamo spenti, ripiegati su noi stessi, sul nostro piacere personale, sul nostro esclusivo benessere, dimentichiamo quello che fino a solo 60 anni fa era la norma: l'identità personale e di gruppo, i ruoli, il dovere, la solidarietà (quella che non si manifesta mandando qua e la 2€ al colpo con un sms), il rispetto reciproco e la cortesia verso il prossimo. Oggi ci manifestiamo come una polvere senza legame, spazzata qua e la dal vento dei partiti accalappiatori, delle ideologie, dell'ira, dell'insulsa e dannosa ricerca di un benessere materiale che sottende solo un grande vuoto interno di amore, di affetti, di reciprocità con le altre persone e col mondo che ci circonda.
Cosa dunque abbiamo migliorato in questi 60 anni?
Certo alcune caratteristiche negative gli italiani le hanno sempre avute; ma la coscienza, i valori personali se non religiosi, i costumi di un popolo (anche se popolo unico non lo siamo mai stati), il buon senso in generale, riuscivano a far capire alle persone dov'era il confine netto fra la correttezza e la scorrettezza.
Oggi tutto è saltato. Siamo confusi, non capiamo, tutto è legittimo o legittimabile. Non abbiamo più la consapevolezza e il coraggio di sostenere il nostro ruolo e le nostre idee. Ci lasciamo sedurre dall'effimero e dimentichiamo l'essenziale.
Signori dobbiamo svegliarci, se un popolo o dei popoli non dimostrano di saper cambiare al cambiar delle condizioni, beh allora meglio che si vada tutti all'estinzione. E direi che la buona strada è già presa.
Se nulla è impossibile ne immutabile, comunque nulla in questo mondo è dato per scontato o garantito, mettiamocelo in testa.
Divagazioni forse, pazzia, voli pindarici.
Solo prima di sputar sul prossimo o sulla politica in genere, soffermiamoci a pensare chi noi siamo, cosa vogliamo nel profondo e soprattutto se davvero siamo migliori nel nostro piccolo. Se sapremo risponder bene a tutto questo, beh allora si, forse, avremo iniziato a riprender la via del risorgimento.

Sezione feed di pressante.com

ARTICOLI VARI E UTILI

«Questo mondo, che abbiamo costruito applicando fino ad oggi un certo livello di pensiero, crea dei problemi che non possono essere risolti dallo stesso livello di pensiero applicato per costruirlo.» Albert Einstein
Il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC)
Pressante - Informazione libera e indipendente - martedì 18 marzo 2008
Il costo umano della depressione
Pressante - Informazione libera e indipendente - martedì 18 marzo 2008
Vicenza - Incidente all'oleodotto militare: disastro ambientale Pressante - Informazione libera e indipendente - martedì 11 marzo 2008
La bufala del PIL Pressante - Informazione libera e indipendente - martedì 11 marzo 2008
Indiani d'America e briganti meridionali Pressante - Informazione libera e indipendente - giovedì 13 marzo 2008