venerdì 27 giugno 2008

PETROLNOMIA E CURVA DI HUBBERT (PARTE SECONDA)

Ebbene rieccoci qui.
Nella parte prima del presente post avevo terminato dicendo che ci sono dei fattori ulteriori da considerare quando si afferma che gli aumenti nel prezzo del petrolio possano determinare una convenienza maggiore a trovare e usare beni sostituti, forme più "grezze" di petrolio o possano spingere alla ricerca di nuovi giacimenti. In effetti avevo già accennato a una latitanza negli ultimi anni della scoperta di nuovi giacimenti petroliferi "consistenti", e questo basterebbe forse a dire che, se in effetti siamo vicini a un picco di produzione petrolifera, l'ipotesi di una dinamica di prezzo crescente che spinge a investire per scoprir nuove oasi petrolifere sotterranee forse è un po' azzardata, in quanto se non ce ne son granchè, difficile trovarle qualunque sia il prezzo del greggio; comunque sia tale situazione è difficile da ipotizzare a priori e quindi non dà alcuna garanzia per il futuro estrattivo. L'altra idea, quella che sempre a causa dell'alto prezzo del petrolio possa divenir conveniente il ricorso a forme di greggio più pesanti, difficili da estrarre e raffinare, sembra a sua volta una proposta non convincente, sia perchè, così come la precedente ipotesi, essa dilaziona semplicemente il problema avanti nel tempo, e dunque non lo risolve, sia perchè tale idea lascia comunque dubbi corposi relativamente: all'ammontare della spesa energetica necessaria ad estrarre e raffinare tale greggio (e dunque un problema di bilancio energetico passivo ipotizzabile), alla disponibilità di petrolio che si potrebbe così complessivamente ottenere (dato il livello di consumi), alla possibilità di ottenere davvero prodotti usabili da tali tipi di petrolio considerando sia la difficoltà tecnica quanto la limitatezza del potenziale di raffinazione per quanto riguarda queste forme "sporche" di greggio. L'idea poi di ricorrere a beni sostituti, forse la più attuabile, viene però presa in considerazione, almeno stando a quanto sentito, con una leggerezza eccessiva, tipica forse di chi è abituato a ciarlare e non sa di quel che parla, qualunque sia il nome del padrone della bocca che sta blaterando. In effetti due soprattutto sono le questioni da tener presenti: da un lato abbiamo il fatto che i beni sostituti sono tecnicamente difficili da individuare, e l'unico ambito da cui essi possono effettivamente scaturire è l'intelletto dei ricercatori, ma come spesso si sa o si dovrebbe sapere, i risultati scientifici non sono qualcosa di programmabile o di naturale germinazione quando ci sono problemi, ma anzi sarebbe più oculato consentire un progresso continuo e duraturo nel tempo seppur sempre con fasi di accelerazione in periodi di urgenza; invece penso tutti sappiano come sta in genere la ricerca (quella seria e che conta non quella delle creme antirughe) soprattutto in certi ambiti o certi paesi....la domanda logica quindi è: ma saremo in grado col nostro livello di conoscenza di trovare per il momento del bisogno dei sostituti accettabili, soprattutto ipotizzando un momento di bisogno non molto in là nel tempo? Dall'altro lato abbiamo invece una constatazione da fare, ossia il fatto che per anni certo tipo di industria si è sviluppata attorno all'utilizzo e trasformazione del petrolio in una miriade di altri prodotti oggi di larghissimo consumo (da qui il termine petrolnomia); in effetti il petrolio si è prestato nel tempo a una grandissima molteplicità di usi in settori diversi (dai concimi e diserbanti che sostengono l'agricoltura e l'allevamento intensivi, alle plastiche, al combustibile per auto o centrali elettriche, agli indumenti e/o tessuti tecnici, ecc, ecc, ecc); il problema che ci si pone ora parlando di sostituti, è quello di ripartire con una ricerca in grado di trovar sostituti simili per i vari campi applicativi, dato che un altro bene come il petrolio si presume non ci sia.....purtroppo alcuni esperimenti li si stanno facendo. Dato che, al livello di conoscenza odierno, ci si rende conto che l'unica attività realmente produttiva, replicabile, in quanto non a se stante, come quasi tutte le attività umane, ma situata all'interno di un ciclo osmotico con la terra è l'agricoltura, si cerca di far produrre a essa la base di alcuni beni sostituti, ed ecco così il nylon o la plastica di mais, i biocombustibili, e altre trovate..... come pulirsi il culo con la merda, più si prova ad andar avanti e più ci si impantana, l'agricoltura attuale è in effetti sostenuta nella resa in buona misura proprio dai concimi e diserbanti vari che hanno consentito nel tempo, assieme alla meccanizzazione agricola (che usa sempre petrolio) di aumentare la produzione per ettaro, espandere quindi gli allevamenti e ridurre gli addetti al settore. In un contesto in cui l'agricoltura sta all'ultimo posto, risulta chiaro che nel momento in cui i margini (data l'alta richiesta e il conseguente aumento di prezzo) derivanti dalle coltivazioni per questi nuovi usi, risultino maggiori di quelli per le coltivazioni ad uso tradizionale, la migrazione verso queste coltivazioni, potrebbe sottrarre terreni alle altre coltivazioni alimentari, determinando un aumento dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, che in certe zone particolarmente povere potrebbe creare un vero terremoto alimentare.....la soluzione quindi sarebbe quella di aumentare le coltivazionie la produzione, sottraendo terreni alle foreste o altro, con conseguenti problemi ambientali e sociali.....insomma bisognerà decidere se dar da mangiare alle auto o a noi stessi.
Come sopra esposto risulta chiaro che il problema sembra grave, soprattutto ipotizzando che le affermazioni di molti definiti catastrofisti risultassero vere o verosimili. In genere si può pensare che l'andamento del consumo e produzione di petrolio possan essere un po' difformi nel tempo da una gaussiana perfettamente simmetrica. Nonostante ciò occorre muoversi rapidamente e correttamente, ma per far ciò occorre cambiare il modo semplicistico di pensare da sempre adottato in certi ambiti soprattutto economici ma anche scientifici, e cominciare a pensare ai problemi non come entità separate, ma come un tuttuno relazionato, estremamente difficile, ma estremamente affascinante ed importante per ognuno di noi.....occorre in sostanza capire che il mondo in cui crediamo di vivere è solo un costrutto artificiale completamente svincolato dalla realtà e per nulla in osmosi con essa, e che la realtà "vera" è quella che da sempre crediamo di conoscere ma che in realtà non comprendiamo minimamente nelle sue sfaccettature e nella complessità dei suoi rapporti reciproci. Ogni eccezione alla regola è solo qualcosa che non capiamo e che ci dice che non abbiamo ragione fino in fondo, perchè c'è molto altro da capire.
In sostanza è anzitutto un cambiamento di mentalità e di modo di rapportarsi col mondo che serve. Una sorta di nuovo anno zero da cui ricominciare a ricostruire o rivedere le fondamenta stesse del nostro modo di concepir la nostra esistenza....un nuovo approccio, una nuova strada più vicina di quanto si possa pensare eppure estremamente poco visibile a noi. La speranza è che non serva un nuovo "diluvio universale" per rinascere, ma che ci si possa arrivare da soli attraverso la consapevolezza e la coscienza comune e individuale.

venerdì 13 giugno 2008

THANK YOU IRELAND!!!


E' di recente acquisizione la notizia secondo la quale l'Irlanda sembrerebbe aver bocciato il famigerato trattato di Lisbona.
Ringraziamo gli irlandesi per averci salvato il posteriore, obbligando l'Europa a ritornare o ripensare ai propri passi.
Quel che si delinea in ogni caso è nuovamente, dopo la bocciatura della costituzione europea, una nuova crisi istituzionale dell'organismo comunitario. Crisi d'altro canto inevitabile sia da un punto di vista sostanziale che formale. Dopo tutto l'Europa si conferma ancora una volta essere un grandioso carrozzone burocratico ed economico, ma privo della ben che minima spina dorsale dal punto di vista della legittimazione popolare. Non è infatti un caso che le ratifiche, ove possibile, del trattato in questione siano state fatte attraverso il bypass del parlamento, ignorando completamente la volontà popolare in merito, che avrebbe invece dovuto assolutamente essere informata e ascoltata attraverso referendum in merito a uno dei trattati più significativi, e schifosi, che la storia recente rammenti. Il fatto di aver invece volutamente ignorato le grandi masse, deciso a tavolino, e poi quando è arrivato il momento necessario, di ricevere un minimo consenso popolare, di esser miseramente caduti, beh questo dimostra ancora una volta come questa Europa sia più vicina alla politica, ai banchieri e a qualcun altro che non ai popoli europei, vero motore e cardine di ogni istituzione.
L'economia è facile da unificare, ma il sentimento comunitario e il desiderio di unità non lo si crea da l'oggi al domani, anche perchè tanti sono i popoli e le culture di questa europa che qualcuno vorrebbe soffocare e standardizzare sullo stesso livello inevitabilmente misero.
Il discorso è chiaro in fin dei conti: non sono i popoli europei che vogliono unirsi e creare qualcosa di nuovo insieme, è qualcun altro che tira per farlo, ed il fatto che gli aspetti monetario ed economico siano stati i primi ad "unificarsi" dovrebbe dirla lunga su chi sarà il nuovo tiranno europeo.

Per consultazione:

domenica 8 giugno 2008

PETROLNOMIA E CURVA DI HUBBERT (PARTE PRIMA)


Come molti sicuramente hanno notato, recentemente (negli ultimi anni) abbiamo avuto modo di assistere ad un fenomeno curioso e preoccupante per i risvolti futuri che può avere sulla nostra vita quotidiana, ossia il continuo e quasi costante crescere del prezzo del greggio sui mercati internazionali; la maggior parte di noi se ne è di sicuro resa conto nel momento di far il pieno all'auto o di pagar la bolletta elettrica, ove quasi mensilmente si è notato una corsa al rialzo degna di una partenza automobilistica. Diventa pertanto necessario interrogarsi sul motivo che può spingere i prezzi del petrolio al rialzo in questo periodo, e qui comincia il bello!
Tralasciamo per carità cristiana le opinioni della politica, che come sempre si dibattono fra l'indifferenza e la fantameditazione. Volendo partire dalle opinioni comuni, potremmo dire che a causar questi rialzi è stata la guerra in iraq, la crisi economica statunitense e mondiale, la debolezza del dollaro sui mercati valutari internazionali, gli incidenti agli impianti produttivi, la limitata capacità di raffinazione disponibile a livello planetario, le tensioni politiche, ecc.
Tutte ragioni a quanto pare valide e sicuramente concorrenti all'ottenimento del risultato finale. Quello che però spesso non viene considerato è che la crisi attuale (perchè in effetti così la possiamo chiamare, ossia crisi petrolifera) possa dipendere anche da fattori più gravi e strutturali. In particolar modo si considera pochino l'ipotesi che a influenzare i prezzi del greggio sia anche la speculazione (finanziaria per lo più) e ancora meno si considera un altro elemento, ossia la curva di Hubbert, nonstante questa sia da molto tempo nota a livello teorico.
Diventa quindi necessario introdurre ai lettori qualche nozione relativamente a questa "novità".
Marion King Hubbert, geofisico americano, ha lavorato presso i laboratori di ricerca della Shell Oil Company dal 1943 al 1964 e successivamente come ricercatore presso la United States Geological Survey sino al 1976, professore di geologia e geofisica presso le università di Stanford e Berkeley.
I suoi studi più famosi e controversi, in quanto portatori di importanti conseguenze politiche, economiche, tecnologiche e sociali, furono quelli riguardanti l'evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi risorsa mineraria o fossile, quantitativamente limitata e quindi esauribile.
Hubbert partendo dall'analisi dei dati storici di estrazione di un giacimento (inizialmente venne considerata la serie storica dell'estrazione di carbone), arrivò a prevedere, con la propria analisi, il momento di massima estrazione del giacimento stesso (picco di Hubbert), o di una serie di giacimenti o una regione estrattiva; al di la di questo la produzione può solo diminuire in quanto diviene progressivamente più complessa e onerosa, arrivando a sfruttare solo una metà del giacimento stesso. La formalizzazione matematica di questa analisi basata sui dati storici, prese il nome di curva di Hubbert e consentì l'applicazione di questa teoria ad un insieme ampio di casi. Famosa divenne la sua applicazione da parte dello stesso scopritore alla produzione continentale di petrolio sul territorio nazionale americano; nel 1956 in effetti Hubbert indicò che la dinamica futura di estrazione di petrolio USA, avrebbe raggiunto il suo livello massimo (detto appunto picco di Hubbert) verso l'inizio dei primi anni '70. Inizialmente snobbata da tutti la teoria ritornò in "voga" quando nei primi 70 effettivamente la produzione di petrolio USA arrivò al suo massimo, e i successivi eventi, ossia le crisi petrolifere del 1973 e 1979, trasformarono il professore nel geofisico forse più famoso del globo. Le teorie del professor Hubbert, sono state riprese in seguito anche da altri studiosi (tra tutti Campbell e Laherrère) al fine fra l'altro di riuscire a meglio formalizzarle e delineare in maniera più o meno precisa il momento di raggiungimento del picco di produzione mondiale di petrolio e gas naturale, analisi tra l'altro piuttosto complessa data l'incertezza sulla consistenza delle riserve petrolifere detenute da alcuni stati, nonchè gli altri fattori quali rallentamenti economici o utilizzo di altre fonti di petrolio come per esempio le sabbie o scisti bituminosi. Tuttavia molti di questi studi individuano nel periodo 2006 - 2020 il momento di realizzazione della massima produzione mondiale, periodo oltre il quale, secondo la teoria di Hubbert, l'estrazione può solo rallentare.
Come ogni teoria anche quella del professore americano incontra le proprie critiche e i propri detrattori. Principalmente esse covergono su una questione: la teoria di H. non contempla l'ipotesi che la tecnologia possa tradurre un bene non energetico in bene energetico, o più esplicitamente, non viene considerato il fatto che una crisi mondiale a livello petrolifero spinga la tecnologia ad affinarsi o svilupparsi al fine di individuare dei sostituti del petrolio, cosa questa che ne ridurrebbe la domanda e quindi il prezzo.
In effetti l'unica variabile indipendente nel modello di H. è la quantità estratta; il prezzo invece dipende dall'incontro di domanda e offerta. Questo approccio però nega l'ipotesi che il prezzo possa influenzare l'offerta; in effetti se consideriamo,vista l'importanza del bene, la domanda di petrolio come sostanzialmente anelastica al prezzo, un aumento di prezzo derivante da una riduzione nell'offerta, può raggiungere la soglia oltre la quale vengono coperti i costi (e dunque diventa conveniente) necessari per l'investimento nella ricerca di nuovi giacimenti, di utilizzo e sviluppo di nuove tecniche estrattive e/o di raffinazione che vadano a sfruttare parti più pesanti e "sporche" dei giacimenti. Questa ipotesi creerebbe nella curva di H. una discontinuità in quanto si creerebbe improvvisamente un balzo verso l'alto nella produzione, cosa questa che finirebbe col riallineare verso il basso il prezzo. Va però sottolineato che difficilmente sarà possibile scoprire nuovi mastodontici giacimenti e in effetti negli anni recenti ben pochi, anche se piccoli, ne sono venuti alla luce. Sul fatto poi che la dinamica crescente del prezzo del petrolio possa spingere gli investimenti a cercare dei beni sostituti, va detto che anche se ciò è considerabile come razionale, ciononostante esistono altri fattori da considerare, la cui trattazione rimando alla seconda parte del presente post.

Sezione feed di pressante.com

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«Questo mondo, che abbiamo costruito applicando fino ad oggi un certo livello di pensiero, crea dei problemi che non possono essere risolti dallo stesso livello di pensiero applicato per costruirlo.» Albert Einstein
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